NOME DELLO STILE: GOSE

CARATTERISTICHE:

RANGE OG: 1036-1056

RANGE FG: 1006-1010

RANGE IBU: 5-12

RANGE COLORE (SRM): 3-4

RANGE COLORE (EBC):

RANGE ABV%: 4,2-4,8%

AROMA: mela da leggera a moderata, con debole acidità e lieve asprezza. Si nota il coriandolo, che ha una qualità aromatica di limone ed è presente con una intensità moderata. Aroma leggero di pane, impasto o lievito, simile all’impasto acido per pane. L’acidità e il coriandolo impartiscono una impronta brillante e vivace. Il sale può essere appena percettibile come una nitida brezza di mare o semplicemente una generale freschezza, sempre che sia percepibile.

ASPETTO: non filtrata, con torbidezza da moderata a totale. Schiuma bianca da moderata a elevata, con numerose bollicine e una buona ritenzione. Effervescente, colore giallo medio.

GUSTO: acidità da ridotta a moderata, ma percepibile come una spruzzata di limone sul te freddo. Gusto di malto di pane/impasto moderato. Fruttato di mela, frutta col nocciolo o limone da leggero a moderato. Salinità da leggera a moderata, che arriva fino alla soglia di percezione. Il sale deve essere percepibile (particolarmente nell’assaggio iniziale), ma la birra non deve essere manifestamente salata. Amaro ridotto, senza gusto di luppolo. Finale secco pienamente attenuato con l’acidità, non il luppolo, che bilancia il malto. L’acidità può essere più percepibile nel finale, migliorando quindi la qualità rinfrescante della birra. L’acidità deve essere bilanciata, non prominente (anche se versioni storiche possono essere molto acide).

IN BOCCA: carbonazione da alta a elevata, effervescente. Corpo da medio-leggero a medio-pieno. Il sale, se è percepito, può dare una leggera e pizzicante acquolina in bocca. Il lievito e il frumento possono aggiungere un po’ di corpo, ma la birra non deve mai essere pesante.

COMMENTI: servita nei tradizionali bicchieri cilindrici. Le versioni storiche possono essere state più acide di quelle moderne, perché erano fermentate spontaneamente e si aggiungevano sciroppi come si fa per la Berliner Weisse, o il Kümmel, un liquore aromatizzato con cumino, carvi e finocchio. Gli esempi moderni sono inoculati con lattobacilli, sono più bilanciati e in genere non richiedono edulcoranti. Si pronuncia Gòse (con l’accento sulla prima sillaba).

STORIA: stile minore, associato alla città di Lipsia ma che ha avuto origine nel medioevo nella cittadina di Goslar sul fiume Gose. È documentato che a Lipsia esisteva nel 1740 e si narra che la città avesse 80 produttori di Gose nel 1900. La produzione calò in modo significativo dopo la seconda guerra mondiale e cessò del tutto nel 1966. La produzione moderna fu ripresa negli anni 1980. Non è facilmente reperibile.

INGREDIENTI TIPICI: malti Pilsner e di frumento, uso contenuto di sale, semi di coriandolo e lattobacillo. Il coriandolo deve avere una nota fresca, brillante di limone o arancia amara, non di vegetale, sedano o prosciutto. Il sale deve avere le caratteristiche del sale marino fresco, senza note metalliche o iodate.

MALTI: Il grist della Gose è molto semplice e poco interpretabile. Pilsner 40% – Wheat (Frumento maltato) 60%. Il Pilsner dona alla birra la “maltosità” e il sapore di pane, il frumento da torbidità e un leggero carattere fruttato.

VARIANTI: A volte si aggiunge avena (max 8%).

LUPPOLI: L’aggiunta di luppolo è minima (5-12 IBU), e si assesta solitamente in un’unica gittata ad inizio bollitura. Possono andare tutti i luppoli nobili (Tettnanger, Hallertauer, Spalt per avere un aroma “autentico”). In mancanza di questi, penso che qualsiasi luppolo non troppo aromatico e caratterizzante possa andare bene.

LIEVITI: Come lievito consiglio di utilizzare un americano neutro secco (Safale US-05 o Mangrove Jack’s M44), dato che non sono richiesti aromi particolari dal lievito. Se si vuole sperimentare si consigliano lieviti liquidi da Kolsch o Ale tedesca (White Labs WLP029 (German Ale/Kolsch), Wyeast 2595 (Kolsch), 1007 (German Ale)).

L’obiettivo è avere un profilo molto neutro, quindi fermentare preferibilmente a 18, max 20 gradi.

Se si decide di utilizzare il metodo di acidificazione tramite lactobacilli (info in “note e riassunto stile”), consiglio il blend di batteri “Lactobacillus Planctarum” [LP100-25] di BioAgro (vediamo poi i dettagli dell’utilizzo). In questo caso si consiglia di aumentare la dose di lievito, in quanto quest’ultimo andrà a lavorare in un mosto acido, quindi farà più fatica a fermentare come dovrebbe.

Nella mia Gose, non sapendolo (l’ho imparato ieri al corso sui batteri lattici, direttamente dalla voce di Nicola Coppe) avevo messo una bustina di US-05. Ho avuto una fermentazione ferma per un paio di giorni, al termine dei quali mi sono deciso ad inoculare un’ulteriore bustina. La fermentazione è partita subito e ha prodotto una buona birra. Prossima volta andrò in overpitching.

EVENTUALI AROMI O AGGIUNTE: La Gose originale è brassata con l’aggiunta di coriandolo e sale (ma esistono esempi commerciali con aggiunta di svariate altre spezie e addirittura fiori). Le quantità sono varie e richiedono sperimentazione. Per avere un’idea, un consiglio è di mettere da 14 a 28 grammi di coriandolo (per 23 litri), macinato e a 15 minuti dalla fine della bollitura.

Il sale è importante che sia buona qualità e non iodato (io ho usato il sale dolce di Cervia, salina della mia zona). Come quantità è consigliato da un minimo di 0,4 a 0,5 grammi/litro (in queste dosi poco percettibile), fino ad 1 grammo/litro (alcuni vanno oltre, dipende sempre dalla qualità del sale che si usa). E’ possibile aggiungerlo in tre fasi della birrificazione.

O assieme al coriandolo, in bollitura, o dopo il travaso (una sorta di “dryhop”), o al momento dell’imbottigliamento, assieme allo zucchero di priming.

– Aggiungerlo in bollitura andrebbe ad alterare le componenti saline dell’acqua e potrebbe, soprattutto se in alte quantità, dare fastidio al lavoro del lievito. In più è una gittata che non ci da la percezione di quanto il sale inciderà nella birra finita, perché non è possibile assaggiarla all’aggiunta.

– Metterlo in “dryhop”, quando il lievito ha finito il grosso del lavoro, non da questo problema, ma resta il dubbio del mancato assaggio, quindi anche qua la quantità è un po difficile da individuare alle prime prove.

– Metterlo in priming, invece, è il metodo che, soprattutto nelle prime prove che si fanno, da più possibilità per rendersi conto di quanto la quantità aggiunta possa incidere sul prodotto finito (in quanto abbiamo già una birra imbottigliabile, quindi manca solo la carbonazione in bottiglia). In questo caso consiglio di scioglierlo in acqua bollente e poi raffreddare e versarlo nel fermentatore (come si fa quando si prepara la soluzione per il priming), mescolare ed assaggiare.

Il mio consiglio è di mettere un tot di sale (stando magari bassi come quantità totale) durante la fine della bollitura. Poi, una volta in priming, si assaggia la birra e in caso si corregge aggiungendone.

Nella mia esperienza, ho messo 0,8 grammi/litro in bollitura assieme al coriandolo, poi in fase di imbottigliamento ho preferito aggiungerne qualche altro granello. (In totale sarà andato circa 1 grammo/litro, ma come detto ho usato un sale dolce. Probabile che, se usate un sale diverso, questa quantità possa essere eccessiva).

TEMPERATURA DI MASH TIPICA/STEP NECESSARI: Protein Rest veloce a 53/55 gradi per 10 minuti max, poi mash monostep, 60 minuti a 65 gradi circa (per avere un mosto molto fermentabile) e PH di mash il piu’ vicino possibile al limite basso del range (5.2).

In caso di uso dei batteri per acidificare, alla fine del mash fare mashout per 10/15 minuti a 78 gradi, poi inserire serpentina ben sanitizzata e raffreddare fino a 30 per l’inoculo di questi ultimi (vediamo poi il processo completo).

ACQUA: Non c’è un’indicazione particolare riguardante l’acqua per la Gose, consiglio di partire da un’acqua molto scarica e tenersi su di un profilo da “yellow balance”, tipo questo:

CALCIO MAGNESIO SODIO CLORURI SOLFATI BICARBONATI
50 7 75 60 75 0


FERMENTAZIONE (TEMPERATURA E NOTE):
Come detto, 18 gradi, max 20 per un profilo neutro.

NOTE E RIASSUNTO STILE: Le Gose originali erano a fermentazione spontanea, quindi presentavano fermentazioni miste di lactobacilli e altri lieviti selvaggi. Oggi, anche i produttori commerciali, utilizzano un blend di batteri lattici selezionati per acidificare le proprie birre.

Noi homebrewers abbiamo 3 possibilità per produrre una Gose:

– Aggiungere acido lattico: E’ il modo più semplice per introdurre acidità. Aggiungere acido lattico al momento del priming, quando la fermentazione è conclusa. Andare cauti, aggiungere un millilitro alla volta al mosto ed assaggiare, fino a quando il risultato non sarà soddisfacente. Chi ha provato questo metodo dice che funziona, ma il profilo creato dall’acido lattico è monocorde e stanca subito. E’ un buon metodo per chi è alle prime armi e si vuole approcciare a questo stile.

– Utilizzare malto acidulato: Il malto acidulato è un malto che è stato trattato con acido lattico. E’ possibile aggiungerne dal 10 al 15% nel mash. In questo modo si otterrà un risultato simile al precedente.

– Inoculare cultura di lactobacilli (Kettle Souring o Sour Worting): E’ il metodo più complicato, ma è anche quello che oggi va per la maggiore (grazie a Nicola Coppe di BioAgro, che ha studiato e selezionato delle colture apposite), perché garantisce un risultato del tutto simile a quello di una birra commerciale, non è troppo difficile e non crea pericoli di infezione.

Innanzitutto vi consiglio di leggere l’articolo di Francesco di Brewing Bad, che spiega più nel dettaglio tutto il procedimento, con tanto di cenni storici ai vecchi metodi di produzione e ai pro e i contro.

Riassumo il medoto.

– Si inizia facendo il mash, lo sparge e il mash-out, come descritto precedentemente (ricordo il PH vicino al limite basso e temperatura sui 65 gradi per avere mosto molto fermentabile).

– Si sanitizza bene la serpentina e si raffredda il mosto a 35 gradi circa.

– Una volta prossimi ai 35 gradi si toglie la serpentina. Si prende un cavo riscaldante (ho usato un cavo da 100Watt, anche meno potente puo’ andare) e si avvolge attorno alla pentola (ovviamente si toglie l’eventuale coperta termica; il cavo va a contatto diretto con la pentola altrimenti non scalda il mosto). Si attacca la spina del cavo ad un termostato STC-1000 (o similare) e si imposta la temperatura di 30 gradi (ovviamente la sonda va nel mosto, quindi la si mette nel portasonda immerso).

Un altro metodo più semplice può essere portare il mosto a 35/38 gradi, inoculare i lattici, sigillare tutto e poi coprire la pentola con tante coperte, giubbotti e altro, in modo che tenga la temperatura. Nicola dice che in questo modo ha perso solo qualche grado in 24 ore, trovando il giorno seguente un mosto acidificato correttamente, alla temperatura di 27 gradi circa.

– Si inoculano i batteri lattici (Jigen consiglia di aggiungere precedentemente una bottiglia di acqua frizzante al mosto) e si tappa la pentola. Si applica della pellicola sulla pentola per sigillarla ermeticamente.

– Si lasciano agire i batteri per circa 24 ore, poi si apre, si preleva un campione e si misura il PH. Per un buon risultato ed una degna acidità deve essere a 3,2-3,7 circa.

– Si stacca fascia e termostato, si porta a bollire e si procede come in una cotta “standard”.

BioAgro ha selezionato e messo in commercio 3 diversi “starter” di batteri lattici. Per la Gose ho utilizzato (e consiglio) l’ LP100-25 (Lactobacillus Plantarum), che da un’acidità molto lieve e giusta per lo stile.

In caso si volesse “spingere” di più su di un’acidità tagliente, si può provare il blend LP70PP30, che contiene un 70% di Plantarum ed un 30 di Pediococcus Pentiosaceus. E’ un blend selezionato da Nicola Simon, del birrificio BIONOC’, che cercava appunto un profilo diverso.

Il luppolo, come sappiamo, ha proprietà antibatteriche. Grazie a queste avremo modo di uccidere tutti i batteri lattici inserendolo in bollitura (i batteri selezionati da Nicola sono tutti sensibili al luppolo, ad un IBU maggiore di 8). La bollitura stessa ha anch’essa funzione di uccidere i lattici, quindi con questo metodo non avremo nessun tipo di rischio di infettare le birre successive o il materiale che verrà a contatto con il mosto da qui in avanti.

Per maggiori informazioni sui batteri lattici vi rimando al sito “Lattici Nella Birra”, che è il sito di BioAgro, azienda di Nicola Coppe, produttrice dei lactobacilli consigliati nella guida.

per l’acquisto dei batteri vi rimando alla relativa pagina di Birramia.