Avete presente quando una birra esce torbidissima? Quando vorreste buttare nel lavello tutta la cotta per quanto siete arrabbiati? Ecco… nelle New England IPA (più comunemente chiamate “Juicy IPA”) questo non sarà più un problema, o meglio, sarà ricercato…

…O no?

Partiamo dal principio. Siamo nella regione del New England, più precisamente nello stato del Vermont. E’ qui che per la prima volta due gestori di un piccolo brewpub di Burlington, stanchi delle solite IPA americane, decidono di creare qualcosa di nuovo, dando il via ad un processo che, col tempo, ha portato a questo stile, che oggi sta spopolando negli USA (e che, almeno per ora, non sta “fortunatamente” trovando troppo spazio qua dalle nostre parti).

E’ uno stile molto controverso. Alcuni lo amano, altri lo odiano profondamente. L’ago della bilancia sta ovviamente nella torbidità. I detrattori sostengono che con questo stile si “inficia” il lavoro dei produttori artigianali, che per decine di anni hanno faticato per affermare le proprie birre limpide e “genuine”. I sostenitori, invece, “se ne sbattono” e le amano in quanto sono stanchi delle solite IPA americane e cercavano qualcosa di nuovo, che hanno trovato in questo “stile-non-stile”.

Una cosa dev’essere ben chiara quando si parla della storia delle NE Ipa, e cioè che la torbidità, sulle prime produzioni, NON era ricercata (anzi era un problema insormontabile). Quello che volevano era una birra che avesse spiccatissime note tropicali, sia all’aroma che al gusto.

Dopo svariate prove sono giunti alla conclusione che le tecniche utilizzate (che vedremo poi nell’articolo) portano inevitabilmente ad un’eccessiva torbidità generale della bevanda. Da li nasce il soprannome di “Juicy IPA” e la ricerca della birra “torbida a tutti i costi”, per emulare al 100% un succo di frutta. E’ vero infatti che al giorno d’oggi, quando si produce una birra in questo stile, si va a ricercare la torbidità, la cremosità e setosità della bevuta, applicando tecniche apposite.

PERCHE’ PROPRIO QUESTO STILE?

Per varie ragioni, innanzitutto mi intriga provare a produrre qualcosa che non conosco. Ho bevuto solo una “simil-juicy” (tra l’altro molto buona), ma mai niente di estremo (come va di moda in America), mi piacerebbe creare qualcosa di decente ed offrirlo agli amici sorprendendoli.

Seconda cosa… sono americano dentro. Seguo tantissimo il modo di fare birra degli americani (anzi sto testando un metodo americano su cui farò uscire un articolo tra qualche settimana) e mi piace il loro modo di fare birra, di pensare birra e, soprattutto, di bere birra. Amo le IPA americane, i loro luppoli. Non disprezzo tutto il resto, ma sono veramente pazzo delle produzioni USA.

Ultimo, sono attratto dalle sfide. Come vedrete, non è affatto facile produrre questo stile, bisogna usare molte accortezze ed alcuni stratagemmi che vanno contro il normale “intendere la produzione”. E’ tutto da sperimentare e questo mi attira. Ovviamente vi terrò aggiornati sugli sviluppi.

OBIETTIVI:

La birra che vogliamo ottenere deve somigliare al 100% ad un succo di frutti tropicale. L’aroma fruttato deve essere spintissimo, il sapore del luppolo deve sovrastare completamente quello dei malti (ancora più che in una American IPA). Il colore deve essere torbido, ma la torbidità non deve (come ad esempio in una weizen) derivare dal lievito che si mescola alla birra, ma al contrario dalle accortezze di produzione che vedremo di seguito. Come detto, la sensazione che la birra deve dare alla bevuta deve essere di qualcosa di cremoso e setoso.

TECNICHE DI PRODUZIONE:

MALTI:

– Come malto base usare possibilmente malti saporiti, come Maris Otter o Golden Promise, per arricchire la percezione maltata, senza aggiungere dolcezza. Ottimo anche un mix di malti base (esempio 50/50 Pale Ale/Maris Otter).

– Niente malti Crystal o altri malti con °L superiore a 20 (quindi, se si vuole usare Crystal, metterne solo di molto chiaro) per non rischiare di dare troppo sentore di caramello e colore troppo scuro.

– Richiesti fiocchi di Avena, Orzo, Frumento per aiutare ad aumentare il corpo, la torbidità e la cremosità e setosità della bevuta.

– Un esempio di mash potrebbe essere: Maris Otter come base, fiocchi avena e (meno) frumento (per un totale di fiocchi attorno al 14-20%). Per aggiustare il colore mettere Vienna o Monaco in sostituzione del Crystal (o in caso, come detto, metterne di molto “light”).

– Destrosio, saccarosio ed altre aggiunte di zuccheri possono aiutare ad ottenere una birra piu’ secca nelle versioni piu’ alcoliche. Le aggiunte devono sempre rimanere molto modeste.

MASH:

– Mash con veloce protein rest (si utilizzano fiocchi, quindi serve, ma protrarlo per troppo tempo disgregherebbe troppo le proteine, che invece ci servono per enfatizzare la torbidità).

– Temperature di saccarificazione classiche. O monostep a 66/67 gradi, o mezz’ora a 66 e poi salire a 68 per dare struttura, a seconda dei metodi e delle preferenze.

FERMENTAZIONE:

– Il processo di lievitazione è dove le New England IPA (Juicy) si differenziano maggiormente dalle West Coast IPA .

– Evitare il piu’ possibile i classici processi di affinamento e chiarificazione, che oltre ad eliminare i residui di lievito, eliminerebbero anche gli olii dei luppoli.

– Utilizzare lieviti con Alta flocculazione. Sembra che questo tipo di lieviti, dato che fermentano e flocculano molto velocemente, non diano il tempo agli olii ed ai polimeri dei luppoli, di aderire ai lieviti, rimanendo quindi nel mosto, creando torbidità.

– Temperatura di fermentazione sui 20 gradi max, per dare un po di fruttato dal lievito, ma senza esagerazione.

I lieviti adatti a produrre questo stile sono tutti in forma liquida e sono:

– Lieviti studiati appositamente per questo stile:

The yeast Bay (Vermont Ale) (Birramia), GigaYeast GY054 (Vermont IPA) (Brewuk.co.uk).

Wyeast 1318 (London Ale III) invece è, tra quelli “comuni”, quello più adatto (utilizzatissimo e spesso consigliato).

– Lieviti adattabili allo stile:

Wyeast 1028 (London Ale), Wyeast 1335 (British Ale II), White Labs WLP013 (London Ale), White Labs WLP022 (Essex Ale).

ACQUA:

Un’altro punto nel quale le New England si differenziano dalle classiche West Coast è la composizione dell’acqua.

– Bicarbonati inferiori a 50ppm, rapporto solfati/cloruri vicino a 1:1 (o comunque far prevalere di poco i cloruri per dare rotondità e cremosità, OK anche rapporto 0,8:1), con valore di entrambi inferiore alle 200ppm.

LUPPOLI:

– Amaro attorno alle 50/70 IBU, dato possibilmente da luppoli americani specifici per questo scopo (in modo da limitarne la quantità, perchè troppo luppolo messo a bollire per 60 minuti, spesso da luogo ad astringenza. Un consiglio è di tenere l’amaro dato dai luppoli a 60 ad un rapporto BU:GU di 1:3 (esempio, per una birra da 1.066 di OG, IBU attorno ai 22) e poi arrivare all’IBU target coi luppoli da aroma). Usare in amaro luppoli come Magnum, Warrior o Bravo, tutti con alto AA%.

– Un’altra possibilità è non mettere luppoli da amaro, e lasciare l’apporto di AA% ai soli luppoli inseriti in aroma, da 20 minuti in giu’ o, se possibile, prevedere la luppolatura da amaro direttamente in Mash, utilizzando la tecnica del Mash-Hopping o del First-Worth Hopping.

– Ovviamente sono da considerare grandi aggiunte di luppolo da aroma negli ultimissimi minuti di bollitura e, molto importante, anche a 0 minuti (in caso lasciare dentro per 20+ minuti PRIMA di raffreddare con serpentina. E’ possibile anche prevedere piu’ di una gittata a 0 minuti, durante il raffreddamento, che deve essere più lento di quello che si fa per le normali birre).

– Per aroma e sapore Simcoe, Columbus, Chinook, Apollo, o altre varietà molto aromatiche e tropicali sono la base. Ok mixarli anche con Cascade, Citra, Ella, Mosaic, per dare una base piu’ citrica.

– Quantità per il dryhop 6,5-7,5g. per litro circa (esagerare potrebbe dare luogo ad un erbaceo indesiderato)

– Consigliato un Dryhop a 2 stage. La prima gittata mentre la fermentazione è molto attiva o verso la fine, la seconda quando il lievito ha già flocculato e la fermentazione attiva finisce.

– La prima gittata può essere fatta in varie fasi della fermentazione attiva, alcuni mettono il luppolo assieme all’inoculo del lievito, altri poche ore piu’ tardi, altri attendono un paio di giorni.

– La seconda, come detto, va fatta quando la fermentazione si è conclusa, cercando di introdurre meno ossigenazione possibile (sconsigliato fare un travaso di metà fermentazione, sempre per mantenere la torbidità, quindi introdurre il luppolo con cautela nel mosto).

FONTI: