Qual è la cosa che la maggior parte degli homebrewers odiano come la peste e che cercano sempre di evitare?

LA LAGERIZZAZIONE!

E’ ovvio che si abbia repulsione verso questo tipo di tecnica, ma vediamo perchè.

COME SI FA UNA BIRRA LAGER CON METODO “CLASSICO”?

Riassumendo in parole povere, si tiene il mosto a 10 gradi circa fino a quando non si è a 3/4 della discesa della densità, poi si alza di qualche grado per circa un giorno per riassorbire il diacetile (il famoso “Diacetyl Rest”), poi si ritorna a 10 gradi fino a fermentazione conclusa. A quel punto si travasa e si porta la temperatura a 0/2 gradi per un mese e oltre, per affinare la birra e riassorbire gli eventuali sottoprodotti della fermentazione. (Per saperne di più sulla produzione di una birra Lager vi rimando alla mia guida sulla bassa fermentazione).

E’ facile intuire che, per poter produrre una birra Lager autentica, avremo bisogno di occupare la camera di fermentazione per tempi molto lunghi, indi per cui non potremo produrre altre birre per tanto tempo. Un’altra considerazione è che spesso, se non si lavora certosinamente, è molto facile avere off-flavour o difetti sulla birra finita (e avere una birra difettata dopo così tanto tempo di attesa è veramente un brutto colpo).

…Mi è purtroppo successo più volte…

Alcuni risolvono comprando ulteriori frigoriferi o costruendo camere che riescano a tenere temperature da Ale, per poter comunque produrre anche mentre il mosto Lager occupa la camera principale.

Io stesso ho costruito una camera in legno coibentato, che fa freddo (o almeno ci prova) tramite un paio di celle di Peltier poste sul coperchio e caldo tramite cavo riscaldante da 80Watt. Il cavo funziona molto bene e quando all’esterno la temperatura è bassa (inverno) tiene i 18/20 gradi necessari senza problemi, ma le celle purtroppo non sono abbastanza efficienti e non bastano per raffreddare tutta la camera. Il risultato è che riesco ad utilizzarla solo in alcuni periodi dell’anno… meglio di niente comunque.

Sul numero di Brew Your Own di Gennaio/Febbraio 2017 (che vi consiglio) c’è un articolo intitolato “Fast Lagers”, che potrebbe aiutare noi homebrewers ad alleviare le sofferenze descritte sopra.


  

INIZIAMO DALLA TEORIA

L’autore dell’articolo ha interpellato John Palmer (autore di How To Brew) sull’argomento, il quale ha cercato di fare chiarezza riguardo al motivo per il quale inizialmente si lagerizzavano le birre.

“In principio le birre venivano prodotte a fermentazione spontanea, ciò le rendeva inclini a contaminazioni di ogni genere. Questo portò a luppolature pesanti e conseguenti lunghi processi di maturazione a caldo, per attendere che calasse l’importante amaro dato dal luppolo; oppure a lunghi periodi di maturazione a freddo (lagerizzazione appunto) per fare in modo che la temperatura aiutasse ad evitare contaminazioni”.

(Da pagina 71 dell’edizione italiana del libro “Lievito” di Chris White e Jamil Zainasheff): “I lieviti hanno tre fasi nel loro ciclo di vita: fase di latenza e adattamento (da 0 a 15 ore. Consigliato l’utilizzo di nutrienti per lievito per ridurne i tempi), fase di crescita esponenziale (da 1 a 4 giorni) e fase stazionaria (da 3 a 10 giorni)”.

I lieviti NON hanno una fase di maturazione dove riassorbono i sottoprodotti della fermentazione.

La fase di adattamento è dove assimilano ossigeno (ecco a cosa serve ossigenare bene il mosto prima di inoculare il lievito) e producono steroli ed altri lipidi, valutano la composizione degli zuccheri, producono enzimi ecc. Quando queste attività sono completate, inizia la fase di crescita esponenziale, dove essi “mangiano” e si riproducono. Il numero di cellule nelle quali si divideranno è limitato dalla riserva di lipidi che essi si sono creati durante la fase di adattamento. Queste riserve sono condivise con ogni cellula figlia. Quando queste riserve di lipidi sono finite, le cellule fermano la propria riproduzione. A questo punto le cellule sono vecchie, non possono mangiare e non possono espellere rifiuti efficacemente attraverso la propria membrana cellulare.

Una cellula di lievito si può tipicamente riprodurre circa quattro volte durante una normale fermentazione., dopo di che diventa vecchia e stanca e tende ad entrare in una fase stazionaria, in cui ferma gran parte del proprio metabolismo e flocculazione, attendendo il prossimo batch di mosto ossigenato per ricominciare a lavorare.

La fase stazionaria è sostanzialmente una fase di inattività, in cui il lievito resta sul fondo.

Come detto, non esiste una fase di condizionamento. I sottoprodotti possono essere consumati in ciascun punto della fase di crescita esponenziale, ma essi sono una minor fonte di energia rispetto agli zuccheri. Quindi?

I sottoprodotti non sono una priorità biologica.

Il birraio deve pianificare il “pitching rate” e le condizioni di fermentazione, così che il lievito rimanga senza zuccheri fermentabili prima che la riserva di lipidi sia conclusa e che il lievito vada in fase stazionaria.

Ad esempio, se abbiamo una maggioranza di lievito vigoroso che ha effettuato 2 riproduzioni, lo zucchero è finito e il lievito è ancora affamato, quindi esso si nutrirà di diacetile ed acetaldeide come fonte alternativa di energia e maturerà la birra.

“Si può aiutare questa situazione compiendo una sosta di diacetile (alzando la temperatura di circa 5 gadi dopo la prima metà della fermentazione) per mantenere il lievito attivo.”

Oggi la fermentazione lager classica inizia a freddo, in modo da controllare la crescita del lievito, si procede poi ad effettuare la pausa di diacetile (alzando la temperatura), fino a quando la frmentazione non è conclusa. Si porta poi la birra a temperatura di lagerizzazione. Il lievito è ancora suscettibile allo shock, quindi l’abbassamento di temperatura fino alla lagerizzazione dovrebbe essere lento (ad esempio 3 gradi al giorno).

Notare che questa accortezza andrebbe tenuta anche per birre Ale.

Quello che John Palmer vuole farci capire è che

iniziare ad aumentare la temperatura quando la fermentazione è soltanto parzialmente completata, aiuterà il lievito a consumare prima lo zucchero e lascerà così spazio al lievito per nutrirsi dei lipidi, in modo da “sbarazzarsi” dei sottoprodotti di fermentazione.

Vogliamo che il lievito si nutra di questi sottoprodotti prima che perda la grinta per poterlo fare.

Da queste premesse nasce il concetto di “Fast-Lager”, che non prevede una fermentazione e maturazione a freddo classica, ma bensì una salita graduale (ma controllata) di temperatura durante la fase di fermentazione.

Brew Your Own ne propone due metodi. Il primo porta la firma di Mike “Tasty” McDole (è possibile avere una descrizione accurata del metodo sul libro “Homebrew All Stars“), il secondo di Marshall Schott del sito Brulosophy (Link all’Exbeeriment in questione).


          

IL PRIMO METODO – FAST TASTY LAGERS

(by Mike McDole)

Mike McDole

 

Mike negli anni ha perfezionato il proprio metodo, che considera “Il perfetto programma di lagherizzazione veloce per noi Homebrewers” (afferma che il feedback degli homebrewers che l’hanno provato riporta che non vi sono apprezzabili differenze tra una birra fatta in 2 settimane col suo metodo ed una prodotta con metodo classico e lagerizzata per 5).

Il metodo di Mike funziona così:

Innanzitutto bisogna determinare il valore di DTD (Discesa Totale di Densità), che è semplicemente la quantità di punti di densità che la nostra birra dovrà scendere per arrivare ad FG. Supponiamo un’ipotetica lager che avrà:

DENSITA’ INIZIALE (OG) = 1.052 (52 punti)

DENSITA’ FINALE (FG) = 1.010 (10 punti)

DTD = OG – FG

DTD = 52 – 10 = 42

Una volta determinato questo valore, possiamo calcolare il primo valore di densità target. Infatti ci serve capire quando la nostra birra raggiungerà la metà della discesa della densità, per poi iniziare ad alzare la temperatura di fermentazione.

DENSITA’ TARGET n.1 = OG – (DTD x 0,5)

DENSITA’ TARGET n.1 = 52 – (42 x 0,5)

DENSITA’ TARGET n.1 = 52 – 21 = 31

Quando raggiungeremo il target n.1 (1.031) sarà il momento di alzare la temperatura di 1 grado.

Calcoliamo poi il prossimo target (75% di discesa della densità):

DENSITA’ TARGET n.2 = OG – (DTD x 0,75)

DENSITA’ TARGET n.2 = 52 – (42 x 0,75)

DENSITA’ TARGET n.2 = 52 – 31,5 = 20,5

Al raggiungimento del target n.2 (1.020/1.021) alziamo la temperatura di altri 3 gradi.

Attendiamo poi di raggiungere il 90% della discesa della densità:

DENSITA’ TARGET n.3 = OG – (DTD x 0,9)

DENSITA’ TARGET n.3 = 52 – (42 x 0,9)

DENSITA’ TARGET n.3 = 52 – 37,8 = 14,2

Raggiunto il target n.3 (1.014) alziamo la temperatura di altri 2 gradi e la manteniamo fino al raggiungimento della densità finale (FG).

Dalle sue esperienze la discesa fino al primo target (50% di discesa densità) richiede dai quattro ai cinque giorni. La cosa importante è monitorare costantemente la densità. Una lager ad alta OG richiede più tempo per arrivare al primo target rispetto ad una a densità più canonica (1.045/1.055 OG).

La parte più spettacolare di questa tecnica è che una birra lager può essere nel vostro bicchiere in sole 2 settimane (più rifermentazione in bottiglia aggiungo io) dal momento in cui la producete.

Ovviamente non ci sono garanzie della buona riuscita del metodo, dipende da che birra si produce e da tanti altri fattori, ma assicura che nella maggior parte dei casi funziona.


IL SECONDO METODO – BRULOSOPHY METHOD

(by Marshall Schott)

 

Il metodo proposto sul’ “Exbeeriment” di Marshall Schott è un ibrido, che include un cold crash da lager tradizionale al posto del metodo “a checkpoint di densità” di McDole.

Marshall attende che la birra raggiunga il 50% dell’attenuazione (il medesimo primo checkpoint del metodo precedente), per poi iniziare ad aumentare la temperatura eseguendo una rampa, con un incremento di 2 gradi ogni 12 ore, fino a quando non raggiunge i 18/20°.

Una volta che la birra è stabile e senza sentori di diacetile (burro) ed acetaldeide (mela verde), Marshall abbassa la temperatura di 3/4 gradi ogni 12 ore, fino a che non raggiunge gli .

Una volta arrivati a zero gradi, si rimane stabili per 2/3 giorni in lagerizzazione, per chiarificare.

Scott afferma che dalle sue prove ha notato che il lievito secco reidratato impiega 12-36 ore in più prima di dare segnali di fermentazione attiva, comparato con lievito liquido ottenuto con starter.

Inizialmente Scott lasciava fermentare per 5 giorni alla temperatura primaria, prima di misurare la SG ed eventualmente effettuare incrementi di temperatura, ma ha capito essere un errore, in quanto, analogamente a quanto già sperimentato da Mike nel precedente metodo, se birre con alta OG possono richiedere parecchi giorni ad arrivare al 50% dell’attenuazione, birre più leggere fanno molto prima. Dopo svariate prove e feedback di utenti ha quindi ottenuto la seguente tabella:

OG del mosto Tipo di Lievito Tempo approssimativo per 50% attenuazione
< 1.060 Liquido 4 – 7 Giorni
< 1.060 Secco 5 – 8 Giorni
> 1.061 Liquido 6 – 10 Giorni
> 1.061 Secco 7 – 14 Giorni

Un altro fattore da considerare è la temperatura di fermentazione primaria. E’ infatti ovvio che il lievito fermenterà più velocemente a 12°C piuttosto che a 9°C.

OPZIONE ALTERNATIVA:
Una volta che la fermentazione è conclusa, FG è stata raggiunta e non vi sono segni di diacetile o acetaldeide residui nella birra, è tempo, come detto, di abbassare la temperatura gradualmente (3/4 gradi al giorno) fino agli 0°C e tenerla per 3/5 giorni. L’opzione alternativa, che molti dicono di aver utilizzato con successo (io stesso lo faccio per le Ale), è quella di portare immediatamente il termostato della camera di fermentazione a 0° ed effettuare un cold crash istantaneo. La teoria che sta dietro alla discesa graduale della temperatura dice che si fa per far si che il lievito finisca il proprio lavoro poco alla volta e, nel frattempo, completi il riassorbimento dei sottoprodotti della fermentazione. In questo caso, come abbiamo visto, i sottoprodotti sono già stati consumati e non ve ne è più traccia, quindi non avrebbe senso scendere gradualmente. Si possono tranquillamente (a mio parere) risparmiare 2/3 giorni scendendo di colpo.


CONCLUSIONI E CONSIDERAZIONI

Lo stesso autore dell’articolo ha testato entrambi i metodi e ci tiene a specificare che è più importante comprendere bene la teoria che sta dietro piuttosto che il rispetto preciso delle regole. Una volta che si è compreso il concetto è possibile anche crearsi un proprio metodo ad hoc.

Il primo step di densità (50%) è il punto fermo da considerare sempre, da li in poi è possibile giocare con le temperature quanto si vuole (senza esagerazioni, dev’essere sempre un aumento graduale per non stressare il lievito e non produrre off-flavour).

A detta di John Palmer, lo stesso metodo è applicabile anche alle ale (un po come succede quando teniamo US05 a 18 gradi per qualche giorno e, a metà fermentazione, alziamo di qualche grado per far finire più in fretta, senza rischi di off-flavour).

Una domanda frequente è “ci sono ceppi di lieviti che funzionano meglio con il metodo fast-lager?” La risposta è “NO, ciascun lievito funziona alla stessa maniera”.


LA PROVA SUL CAMPO

La mia fallimentare Oktoberfest

Ero già a conoscenza di questo metodo, perchè già qualche tempo fa mi capitò di leggere l’esperimento di Brulosophy, ma non ci feci tanto caso. Ora che è uscito l’articolo esaustivo sulla rivista, con tanto di spiegazione della parte teorica, mi si è accesa la lampadina ed ho subito pensato “sulla carta non fa una piega, perchè non provare?”

La mia intenzione era testare entrambi i metodi prima di pubblicare l’articolo, in modo da avere un riscontro diretto e poter dare i miei giudizi personali sull’argomento.

Mi sono messo quindi subito all’opera, ho buttato giù una ricettina per produrre una Marzen/Oktoberfest (nel mentre ho anche pubblicato l’apposita guida sullo stile) con lievito secco Fermentis Saflager S-23 (3 bustine) e mi sono creato una scaletta di densità e relative temperature, seguendo il primo metodo descritto in questo articolo.

Grazie al dispendioso densimetro wireless TILT Hydrometer appena arrivato dall’America (per chi se la fosse persa, trovate la mia recensione QUA), ho potuto ben calcolare quando la densità ha raggiunto la metà della discesa della SG, quindi mi sono apprestato subito ad aumentare la temperatura di……. 1 grado direte voi che avete studiato attentamente il metodo……

NO…

ho sbagliato clamorosamente ad interpretare la guida (la fretta e la voglia di provare è stata cattiva consigliera, in piu’ effettivamente sulla rivista è spiegato male male male, o almeno è quello che di cui mi sto autoconvincendo) e non ho notato che il primo step era di 1 grado… così ho alzato subito di 3 gradi (che erano invece il secondo step a 75%).

Ovviamente non me ne sono accorto, quindi ho continuato la procedura come nulla fosse, alzando poi di altri gradi ai valori successivi ecc ecc… fino ad arrivare ad FG.

Ho poi imbottigliato, lasciato maturare qualche settimana e ieri ho assaggiato… frutta… sapore dolce… sicuramente tanti off-flavours…

Ma come? ho seguito alla lettera il metodo, le densità erano precise (il TILT non sbaglia), come è possibile? Riprendo in mano la ricetta, controllo e scopro l’amara (anzi dolce, TROPPO dolce e fruttata purtroppo) sorpresa .

Avevo in mente di produrre una seconda birra con il secondo metodo prima di mettere online l’articolo, ma dato che è da rifare anche la prima prova, i tempi si sarebbero allungati troppo (e ho un paio di amici che mi stanno pressando per avere la guida online il prima possibile per metterla alla prova) ed ho deciso di scrivere subito l’articolo.

Domenica produco una Helles (ho già ricetta e ingredienti) e la fermento in Fast-Lager (ancora devo decidere se riprovare il primo metodo o passare al secondo).

Fatto sta che prima o poi testerò entrambi ed aggiornerò l’articolo con le mie conclusioni.

Quello che posso dirvi sulla birra “sbagliata” è che la limpidezza è accettabile (foto a sinistra), ma non pari alla Pilsner che ho prodotto con metodo lager classico (in questa prova ho fatto fermentare, arrivato ad FG ho tenuto a 2 gradi per un paio di giorni e poi ho travasato e imbottigliato, quindi niente travasi intermedi e niente lagerizzazione, proprio per testare il metodo nella sua completezza). La schiuma è abbondante, ma molto evanescente e poco cremosa.

Quando la rifarò sicuramente darò almeno una settimana o due di lagherizzazione, che a mio parere è d’obbligo anche per questi metodi veloci, vuoi per la limpidezza, vuoi per tarli mentali che faccio fatica a rimuovere dal mio cervellino.

Per ora vi lascio, con la promessa di testare e mettere online il resoconto il prima posibile.